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Calandàriu 2010. Raighinas, biazu fotogràficu in sa Terra de sos Bàlaros

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Calandàriu 2010.  Raighinas, biazu fotogràficu in sa Terra de sos Bàlaros Empty Calandàriu 2010. Raighinas, biazu fotogràficu in sa Terra de sos Bàlaros

Messaggio  juanne.deperu Mar Dic 22, 2009 1:27 pm

info oberaiasantujorziperfugas@hotmail.com
FaceBook: oberaìa de santu jorzi de pèrfugas



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Calandàriu 2010.
Raighinas, biazu fotogràficu in sa Terra de sos Bàlaros.
Un calendario fotografico che documenta le tracce lasciate dai fondatori di Pèrfugas e mette a nudo i problemi strutturali di gestione, conservazione e valorizzazione dei siti archeologici presenti nel territorio.


Pèrfugas. L’associazione culturale Oberaìa presenta il nuovo calendario fotografico in lingua sarda dedicato alle origini delle comunità. Le foto rappresentano una sorta di viaggio verso le piaghe più profonde dell’identità, evidenziando le peculiarità dell’ampio patrimonio identitario del paese costituito da oltre 200 siti di interesse storico e archeologico, tra pozzi sacri, nuraghes, tombe dei giganti, pedras fitas-circoli megalitici, concas de sas fadas - tombe ipogeiche, dolmen, menhir, altari sacri, fucine litiche e altri insediamenti umani.

L’obbiettivo della camera fotografica dell’Oberaìa ha voluto evidenziare le tracce, i segni lasciati dai padri fondatori della comunità: i guerrieri Balari, segmento-etnia del popolo degli Antichi Sardi. In base alle testimonianze storiografiche lasciate da Pausania (II sec d.C) queste genti erano stanziate nel nord Sardegna più precisamente in Anglona e nel Monteacuto. Secondo il parere di noti studiosi ed esperti del settore, Pèrfugas ne sarebbe il probabile epicentro.

La traiettoria di senso che ispira e che guida l’impianto del calendario è l’interpretazione e la divulgazione delle tracce lasciate dagli antenati pre-romani dei perfughesi, una popolazione panmediterranea, venuta a contatto con i nativi già stanziati nel nord Sardegna e tramite processi di acculturazione e inculturazione, o più semplicemente “sardizzandosi” divennero una delle etnie più spietate nell’arte bellica che si batterono per la sovranità dell’Isola contro le politiche romane di conquista.

Secondo quanto riportato dalle cronache redatte da diversi storiografi latini, Balari e Iliesi, questa ultima etnia stanziata nei pressi del Goceano, si distinsero tra tutte le comunità degli antichi Sardi per le loro gesta rivolte al respingimento degli eserciti venuti dalla penisola. Il 238 a.C., anno della battaglia di Cornus (Cuglieri) decretò la sconfitta delle truppe sardo puniche guidate da Amsicora, annettendo l’Isola sotto il controllo di Roma.

La sconfitta di Cornus vide oltre 3000 sardi perire per la libertà, i romani da subito diedero inizio ad una vera e propria politica di assimilazione ostacolata periodicamente da continue rivolte protratte per oltre trecento anni.

I Balari, oltre ad essere dei guerrieri tenaci, si distinsero per le loro conoscenze nel campo dell’architettura. Ne sono esempio i 46 nuraghi a struttura semplice e complessa disseminati nel territorio, i raffinati luoghi di culto come i pozzi e le fonti.

Nel 4000-3000 avanti Cristo gli antichi abitanti di Pèrfugas avevano elaborato una complessa cultura della morte testimoniata dalla tomba ipogeica di Funtana Pùdida, bellissimo esempio di conca de sa fada (ipogeo). Nelle pareti interne vi è rappresentata una protome bovina. Durane gli scavi condotti dalla soprintendenza negli anni ottanta è stata rinvenuta una collana d’ambra, reperto votivo che sottolinea gli intensi rapporti commerciali con gli altri popoli andando a sfatare il mito di una Sardegna statica, chiusa, senza contatti con il mondo esterno.

L’impianto concettuale del Calandàriu si pone in netta contrapposizione rispetto alle storiografie firmate da archeologici ed eruditi filo-savoiardi dei primi del Novecento che avevano come unico scopo quello di recidere sas raighinas, il legame che univa i Sardi alla sovranità della loro terra assegnando arbitrariamente un’identità panromana alla comunità. L’obbiettivo perseguito era fare credere agli abitanti una improbabile discendenza punica, romana, giudaica: insomma tutto forché Sarda. Sono noti i miti elaborati intorno a Ericium, descritto come precedente toponimo latino di Pèrfugas. Grazie agli studi condotti Mauro Maxia e da Attilio Mastino, si è potuto constatare che Ericium era una stazione situata in un’altra località diversa da Pèrfugas.


Dal viaggio fotografico emerge un dato inquietante: la totale incuria e apatia da parte di enti e amministrazioni che si sono succedute nel tempo per rendere fruibili questi siti. Manca un piano strategico di valorizzazione che li possa inserire nei percorsi archeologici del Mibac e dell’Unesco. I siti sono privi di una cartellonista esplicativa capace di dare delle informazioni al visitatore. La macchia mediterranea si insidia tra le volte dei nuraghes facendole crollare, il noto pozzo sacro “Predio Canopoli” è costantemente soggetto a processi di erosione-disgregazione-alterazione-dissoluzione, la fonte sacra di Niedda è diventata un canneto, perennemente coperta da acqua, fanghi e arbusti. Alcuni manufatti vengono rimossi dai proprietari dei terreni, non esiste un sistema di sorveglianza. Tutte queste lacune gestionali permettono ai tombaroli di operare incontrastati.

L’associazione Oberaìa è convinta che questi siti oltre ad essere una preziosa testimonianza del passato e fondamento della nostra identità di popolo, di nazione, possano essere trasformati in una fonte di reddito e occupazione capace di arginare in parte la crisi che attanaglia i diversi settori produttivi della comunità.
L’Oberaìa è pronta a confrontarsi con amministratori ed esperti per dare il suo contributo nell’elaborazione di un piano strategico per la valorizzazione di questi beni, perché possano essere resi fruibili e attirare flussi turistici


ESECUTIVO-OBERAÌA DE S.J.P. Pèrfugas, 17 de Nadale 2009


Ultima modifica di juanne.deperu il Mar Dic 22, 2009 1:30 pm - modificato 1 volta.
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Calandàriu 2010.  Raighinas, biazu fotogràficu in sa Terra de sos Bàlaros Empty Un calendario fotografico per raccontare la storia di Pèrfugas

Messaggio  juanne.deperu Mar Dic 22, 2009 1:29 pm

La Nuova Sardegna 22.12.2009. di Giuseppe Pulina

Oberaìa de Santu Jorzi, progetto finalizzato alla raccolta di fondi per il restauro delle case dell'Eremitanu.

PERFUGAS. Non è uno dei tanti calendari che alla fine dell'anno vengono dati alle stampe per sostenere qualche attività particolare. Quello che porta la firma dell'Oberaìa Santu Jorzi di Pèrfugas è un omaggio alla storia del paese e un invito a conoscere meglio la storia.

Naturalmente, c'è anche la finalità economica, perchè le entrate della vendita saranno destinate a realizzare un progetto che per i soci dell'Oberaìa è ancora un sogno custodito nel cassetto: il restauro delle vecchie case dell'Eremitanu. Più che di un calendario vero e proprio, si tratta di una sorta di book fotografico ricco di informazioni e didascalie. Il titolo, "Raighinas, biazu fotogràficu in sa Terra de sos Bàlaros", fa subito intendere di voler documentare le tracce lasciate dai fondatori di Pèrfugas, mettendo a nudo i problemi strutturali di gestione, conservazione e valorizzazione dei siti archeologici presenti nel territorio.

Come spiegano gli ideatori del calendario, "le foto rappresentano una sorta di viaggio verso le piaghe più profonde dellidentità, evidenziando le peculiarità dell'ampio patrimonio identitario del paese costituito da oltre 200 siti di interesse storico archeologico tra pozzi sacri, nuraghes, tombe dei giganti, pedras fitas-circoli megalitici, concas de sas fadas - tombe ipogeiche, dolmen, menhir, altari sacri, fucine litiche e altri insediamenti umani".

Ma perchè un calendario sui guerrieri Balari? La risposta si basa sulla convinzione di diversi studiosi che Pèrfugas possa essere stato il probabile epicentro della loro presenza nell'Isola.
Nei Balari vivrebbe, inoltre, il grande orgoglio autonomistico e libero degli Antichi Sardi, avendo per un lungo periodo respinto con successo le sortite di eserciti di conquistatori provenienti dalla penisola.

L'impianto concettuale del Calandàriu aderisce così a una ben precisa linea interpretativa, ponendosi, come spiegano i soci dell'Oberaìa, "in contrapposizione rispetto alle storiografie firmate da archeologici ed eruditi filo-savoiardi dei primi del Novecento che avevano come unico scopo quello di recidere sas raighinas, il legame che univa i Sardi alla sovranità della loro terra assegnando arbitrariamente un’identità panromana alla comunità. L’obbiettivo perseguito era fare credere agli abitanti una improbabile discendenza punica, romana, giudaica: insomma tutto forché Sarda".
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